Fresca, buona, gratuita, sostenibile. L’acqua delle fontane di Venezia è lì, a portata di bocca, di borraccia, pronta a dissetare residenti, turisti e cani, tutti diversamente esausti. La città conta oggi 141 getti d’acqua, alcuni sempre in funzione, altri che aprono in tarda primavera e chiudono a fine estate, baluardo contro il caldo, la plastica e lo spreco.
Le fontanelle del centro storico e delle isole sono attive dalla fine dell’800, rifornite da una cinquantina di pozzi che si trovano a 220 metri di profondità, e regalano una delle migliori acque d’Italia, praticamente a km 0, sottoposta a costanti controlli da parte degli operatori di Veritas.
In ghisa, a cilindro
In ghisa, in muratura, dalla forma cilindrica, a getto continuo o con il pulsante, solide e semplici, queste piccole opere d’arredo urbano realizzate per essere utili e durare punteggiano una mappa aggiornata che le segnala tutte, sestiere per sestiere, isola dopo isola, in modo da essere trovate al volo quando serve.
Da brava città sull’acqua, a fine Ottocento Venezia poté contare sul proprio acquedotto che fu costruito dalla francese Société Générale des Eaux e inaugurato il 23 giugno 1884 con una grande fontana posticcia in Piazza San Marco. Fu uno dei primi acquedotti a spinta, cioè che non sfruttava la pendenza del suolo, e la festa per i veneziani fu comprensibilmente memorabile.
In breve tempo la città fu disseminata di fontanelle, oggi alimentate insieme ai rubinetti delle case da una rete di 300 chilometri di tubi che ogni anno porta 45-50 milioni di metri cubi d’acqua.
Anche i cilindri di ghisa hanno seguito il declino di Venezia; così, qua e là, qualche fontana è stata chiusa. I più dispiaciuti sono stati i bambini i quali, finita la scuola, con il primo caldo riempivano le pistole giocattolo e via, a spararsi l’uno contro l’altro nei campi e a morire dal ridere tutti bagnati.
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