La porta azzurra, quella rossa, quell’altra così storta che pare ubriaca; e poi le porte per le botti, per gli ingressi clandestini, le uscite furtive; in cima a un ponte o sul filo dell’acqua, a sentinella della marea che cresce e che cala.
Le porte di Venezia raccontano sempre qualcosa, anche le meno celebri, quelle nascoste in qualche calle, sbiadite dal sole, che nel tempo hanno perso la propria funzione, ma sono ancora lì, a baluardo della propria piccola storia.
Per secoli il confine tra il dentro e il fuori, tra vita pubblica e vita privata, è stato per gli artigiani della città molto più di un esercizio di stile. Legno, ferro, decorazioni, fregi, tutto doveva essere solido, fatto per durare, inclusi certi colori inaspettati, come il celeste della porta dalla forma gotica in calle de Mezo, dietro Ruga Giuffa a Castello, che da qualche tempo è ritornato a brillare.
Per molti anni, la soglia quasi fiabesca era rimasta a guardia di un edificio abbandonato, in fondo a una calle stretta e lunga, fotografata dai turisti per la sua tinta insolita che via via si è scolorita fino alle recenti pennellate con vago effetto Mykonos.
Sono le soglie della vita di tutti i giorni, o della vita che fu, come le porte per le botti nella zona del mercato di Rialto. Porte dai fianchi larghi, per far entrare nei magazzini i barili, oggi chiuse con lucchetti, coperte di scritte, a ricordo del proprio compito umile, ma operoso.
Poi ci sono le porte murate che nascondono per sempre il loro segreto dietro una parete di mattoni. Erano uscite secondarie, utilizzate per scaricare le merci lì dove non c’erano rive e quindi rese superflue da successive modifiche agli edifici.
Sotto il ponte delle Feltrina, a ridosso della chiesa di Santa Maria del Giglio, un arco di mattoni segnala quello che doveva essere l’ingresso di servizio, oggi impraticabile, ma sicuramente funzionale in altri secoli.
In campiello del Pestrin resiste il numero, ma non l’uscio, ora diventato cieco, a guardia di un passato di cui s’è persa memoria. In campo San’Agnese, dietro le Zattere, i civici sono addirittura tre per una porta sola, che evidentemente ha un’alta stima di sé.
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