Dalla nascita alla morte, e anche oltre, per rendere completo e indimenticabile il viaggio della vita. Dieci tappe, oltre ottocento oggetti di ogni forma e materiale possibili, arrivati da settanta Paesi o creati sul posto da mani lente, pazienti, offerti come doni del sapere artigiano.
Ritorna all’isola di San Giorgio “Homo Faber”, dall’1 al 30 settembre, curato da Michelangelo Foundation in partnership con Fondazione Cologni diretta da Alberto Cavalli e Fondazione Giorgio Cini, la direzione artistica del regista Luca Guadagnino e dell’architetto Nicolò Rosmarini, il catalogo di Marsilio Arte.
“The Journey of Life” il tema nato da un’idea di Hanneli Rupert, vicepresidente di Michelangelo Foundation, e scelto per la terza edizione dell’evento: la vita intera in formato irripetibile, opere uniche realizzate da quattrocento maestri che tagliano, cuciono, ricamano, tessono, intagliano, tramandano di generazione in generazione.
La realtà dell’uomo artefice della propria abilità si fa un baffo dell’Intelligenza artificiale: alla Fondazione Cini è tutto vero, documentato, senza trucchi, senza inganno; un’isola delle meraviglie in continuo divenire tra mappamondi, gioielli, vetri, argenti, strumenti da scrittura, e tappeti disegnati da Guadagnino e Rosmarini che saranno celebrati sabato 31 agosto con un cocktail a Palazzo Berlendis da Anna e Pascal Breton.
Inizio nel Labirinto di Borges, che si specchia in se stesso, e subito si viene al mondo nel Chiostro dei Cipressi con un grande gioco dell’oca su sessanta pannelli. L’infanzia trascorre spensierata tra cani di cuoio, sedie a salsicciotti, ed è evidente che sarebbe stato meglio restare piccoli.
Invece si cresce e arriva il momento della convivialità nel Cenacolo Palladiano dov’è imbandito un tavolo che non finisce più ricolmo di argenteria, porcellane, candelabri, coppe. Ben pasciuti, nella Sala Bianca è tempo di corteggiamento con mazzi di fiori che non appassiscono mai: i bouquet sono infatti di carta, porcellana, cera, o sono tremila fiori d’argento incastonati in una nuvola, così non c’è il problema del vaso.
L’amore (se il corteggiamento è andato a buon fine) arriva nella Sala degli Arazzi con sedie dallo schienale a cuore, un paravento ispirato al Kamasutra o, per chi desidera nuove emozioni, due frustini di cuoio finissimo ai piedi del letto.
La vita corre veloce, dunque meglio dedicarsi anche ai viaggi, nel Padiglione delle capriate e alla natura, nell’ex tipografia restaurata.
Dalla Piscina Gandini, riempita per la prima volta dopo decenni, le maschere di cartapesta fissano con i loro occhi vuoti i manichini drappeggiati da Pieter Mulier, direttore creativo di Azzedine Alaïa, che si levano dall’acqua come in un sogno della fase Rem.
Le luci si abbassano e vorrà dire qualcosa. Nell’ex sala del Nautico, la tappa più delicata intorno alla quale gli artigiani si confrontano sull’afterlife. I teschi, le urne, un’installazione fatta di anime che sembrano staccarsi; ancora un attimo, si cade nelle tenebre e, come lo si sa, si cessa di saperlo.
Sfoglia la gallery