La tenda rossa, la porta d’acqua, i tavoli vicini vicini perché lo spazio è poco, ma quello che potrebbe essere un limite in realtà è un vantaggio. Il ristorante Da Ivo riapre dopo tre mesi di lavori, durante i quali la struttura perimetrale del locale, danneggiata dall’acqua alta, è stata restaurata, così come il soffitto e le finestre (nell’intercapedine sono state trovate copie del Gazzettino degli anni Settanta, ancora leggibili); e dunque tutto è cambiato affinché nulla cambi.

Le tovaglie sono rimaste le stesse, confezionate da una ditta di Napoli, così come i piatti, le padelle in rame, il lampadario, i rivestimenti di legno, le fotografie alle pareti che sono una galleria in continuo divenire di attori, registi, stilisti, campioni sportivi; e al centro di questo piccolo mondo con le radici sui gradini del ponte dei Fuseri si erge Giovanni Fracassi, dal 2006 patron del locale dopo aver passato 24 anni a fianco del fondatore, Ivo Natali, che lo aprì nel 1976, di cui sono ancora vivi la lezione e il nome sul menu.
Mai pensato di cambiarlo?
«Mai. Ormai i clienti mi chiamano Ivo, che è diventato il mio secondo nome, mi fa piacere perché significa che mi identificano con il mio lavoro».
Cosa deve a Ivo?
«Da lui ho imparato tutto. Aveva una personalità eccezionale, un carattere molto forte, era un bravissimo cuoco. Arrivò a Venezia dalla Toscana, s’innamorò della città e vi rimase per tutta la vita».
Ne parla quasi con rimpianto.
«Ivo era una delle figure più rappresentative della ristorazione veneziana, come lo sono ancora oggi Arrigo Cipriani, Eligio Paties, Ernesto Ballarin di Vini da Arturo. Una generazione che ha dedicato la vita all’arte dell’accoglienza».
Non ce ne sono altri?
«Oggi quel tempo è finito per molte ragioni, dal costo del personale alle complicazioni burocratiche, ai mille balzelli. Vent’anni fa mandare avanti un ristorante era sicuramente più semplice».

Il locale ha cambiato passo da quando è diventato il preferito di George Clooney. Com’è iniziato?
«Clooney era nostro da cliente da anni, capitava ogni tanto con le varie fidanzate. Poi, a sorpresa, nel settembre 2014 decise di organizzare qui il suo addio al celibato e da allora, quando è in laguna, non manca mai. Anche lo scorso settembre è venuto a cenare da noi insieme a Brad Pitt. Nel tempo si è instaurato un rapporto di fiducia che non è mai venuto meno».
Che cliente è?
«E’ una persona meravigliosa, di una simpatia e una cortesia uniche».
I suoi piatti preferiti?
«Tartufo bianco, fiori di zucca, penne all’arrabbiate, cose semplici».
Come avviene la prenotazione per i divi di Hollywood?
«E’ sempre all’ultimo momento. Mi telefonano dall’albergo, o chiama direttamente la guardia del corpo. Non dicono mai vero il nome di chi verrà, ma segnalano che a quell’ora arriverà un cliente importante».
E lei capisce di chi si tratta?
«Non sempre. Certo, durante la Mostra del Cinema è più facile intuirlo».

Il cliente più gentile?
«Forse Elton John, l’ho servito per 20 anni».
Tutti lasciano mance?
«Non so esattamente quanto ci sia nel piattino, ma un tempo c’è stato un cliente francese che lasciava somme, diciamo, da paura».
Quanto?
«Non lo posso dire».
Qualche stravaganza?
«Abbiamo avuto clienti che hanno prenotato l’intero ristorante e poi sono arrivati in due. Un’altra volta una coppia ha voluto in sala un pianoforte e una cantante».
Perché il mondo del cinema e dello spettacolo ama così tanto il suo locale?
«Perché qui tutti si sentono liberi, come in una zona franca dagli impegni ufficiali. Arrivano e partono in taxi. Questo non è un ristorante impegnativo, ci sono solo 16 tavoli per 36 posti, i clienti sono come a casa».
E’ questa la cifra del successo di Ivo?
«Sì, credo sia per il fatto che chiunque qui si trova a proprio agio».

Che tipo di cucina avete?
«Una cucina veneta tradizionale. Quando si mangia un piatto, l’importante è avere la sensazione di ricordare qualcosa, i sapori dell’infanzia o della giovinezza. La cucina dovrebbe sempre risvegliare una memoria storica».
Chi fa la spesa?
«Il nostro cuoco, Luciano Gambardella. E’ lui che va ogni giorno a Rialto a scegliere i prodotti.»
Lei cucina?
«No. La ristorazione deve essere formata da una parte che fa le pubbliche relazioni, ed è quello che faccio io, e da un’altra che porta le materie prime».
E a casa sua?
«Vivendo qui dentro è difficile che cucini a casa. Al massimo mi preparo un piatto di spaghetti o qualche polipetto».

E’ vero che durante il periodo di chiusura aveva nostalgia del suo ristorante?
«Ho sofferto come una persona che da oltre 40 anni vive nel proprio locale 365 giorni all’anno e all’improvviso non sa più dove andare. Io sono qui dalla mattina alla sera e la domenica, che è giorno di chiusura, passo lo stesso, per controllare che tutto sia a posto. Il proprio ristorante diventa così casa, famiglia. Ecco perché Arrigo Cipriani è ancora all’Harry’s Bar ed Eligio Paties ai Do Forni».
Andrebbe mai a un reality di cucina?
«No, non mi interessa»
Dove va a cena Giovanni quando è libero?
«Vado ai Do Forni, all’osteria San Marco, da amici. Mi piace anche provare locali nuovi, soprattutto per assaggiare la frittura. Noi la facciamo senza friggitrice, in padella, e voglio sempre fare il confronto».
Quanto cosa una cena da Ivo?
«120-130 euro, vini inclusi».