Pietro Castellitto è un attore fortunato. Per 128 minuti siede come un pascià alla scrivania che fu di Riccardo Schicchi, agente di pornostar bruttino, magro, pallido, socio di Ilona Staller, marito di Éva Henger (nella foto d’apertura), una vita di corsa, nelle notti romane, a fianco di donne che erano monumenti di desiderio.
“Diva futura”, l’agenzia il cui nome era già una promessa, dà il titolo al film di Giulia Louise Steigerwalt, in Concorso alla 81. Mostra del Cinema, tratto dal libro “Non dite alla mamma che faccio la segretaria” di Debora Attanasio (la vera segretaria dell’agente), nel quale si racconta l’intuizione di Schicchi che, all’inizio degli anni Ottanta, inventò un genere hard che ancora non esisteva.
Riviste, calendari, fotografie, videocassette, spettacoli dal vivo, film dalla trama irrilevante con attrici alle quali era chiesta una recitazione senza limiti, in ogni posizione possibile, in coppia, in tre o in gruppi laocoontici.
Comprensibile l’euforia sul red carpet che accoglie la regista, Castellitto, le attrici che hanno interpretato le pornostar – Lidija Kordic (nella parte di Ilona Staller), Denise Capezza (Moana Pozzi), Tesa Litvan (Éva Henger) – Éva Henger, quella vera, che dice di aver visto il trailer e aver pianto mezz’ora, e Barbara Ronchi, l’unica che nel film porta il maglione a collo alto, nel ruolo di segretaria dell’agenzia.
Attraverso il suo sguardo, l’ufficio sulla via Cassia cresce, diventa azienda del sesso che produce reddito, una grande comune dell’amore libero interrotta da arresti, censure, denunce e sempre risorta, fino alla morte di Schicchi, il 9 dicembre 2012.
I siti specializzati, i social, hanno spazzato via quella forma di pornografia pop che oggi appare quasi nature, quando le attrici del settore erano invitate alle trasmissioni televisive, magari entravano in Parlamento, ma non potevano sperare di diventare altro. Ed è Moana, poco prima di morire, a chiedere di girare un ultimo film in ricordo di quello che aveva saputo fare meglio.
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