Palazzina Masieri rinasce in volta di Canal Grande, con il suo cemento, le forme geometriche, le lame di luce, il cancello di ferro che sfiora l’acqua; così sobria, elegante, a suo agio tra i vicini di casa che sono Palazzo Balbi da una parte, Ca’ Foscari dall’altra.
L’edificio nel quale si concentra la cifra dell’architetto Carlo Scarpa si riprende il posto che la storia gli aveva dato e poi tolto, grande occasione mancata e infine recuperata grazie alla collaborazione tra la Galerie Negropontes di Parigi, Heritage Asset Management e Università Iuav.
“Il mio cuore si è fermato qui” dice Sophie Negropontes, che da tempo voleva aprire uno spazio espositivo anche in laguna e, vista la palazzina, ha subito sospeso le ricerche. Prima, però. Prima la ristrutturazione paziente, metro quadrato dopo metro quadrato, dello studio Barman architects di Roberta Bartolone e Giulio Mangano perché i dieci anni di chiusura dell’edificio, l’acqua alta, il tempo avevano avuto la mano pesante.
Il restauro
Ringraziano i veneziani per la riapertura al pubblico di quella che, all’inizio degli anni Cinquanta, avrebbe dovuto essere la dimora di Angelo Masieri e non lo fu per la morte improvvisa del giovane architetto friuliano in un incidente negli Stati Uniti.
La palazzina non poté diventare nemmeno il suo memoriale, poiché il progetto di Frank Lloyd Wright, ritenuto troppo audace, fu bocciato dalla Municipalità di Venezia che non riuscì a immaginarsi contemporanea, precedendo lo stesso destino riservato una decina d’anni più tardi all’ospedale civile di Le Corbusier.
Il nuovo progetto fu affidato quindi all’architetto Valeriano Pastor e, successivamente, nel 1968, a Carlo Scarpa che ridisegnò gli spazi interni, oggi ritornati intatti: il terrazzo alla veneziana a piano terra, il pastellone al primo piano, la calce rasata, i radiatori di ferro che diventano corrimano, i bagni circolari mai arredati.
La mostra d’esordio – “Armonia Metis” – è un inno alla diversità e alla trasversalità, dunque in linea con la Biennale Arti Visive.
Riprende, così, anche il dialogo a distanza con la Fondazione Querini Stampalia, il negozio Olivetti in Piazza San Marco e il cerchio scarpiano si chiude. Visite su prenotazione.
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