Hanno resistito all’acqua alta, a milioni di tacchi, al turismo ciabattone. Sono rettangoli di mosaico che potrebbero stare sotto chiave e invece sono ancora lì, inamovibili, indelebili, un tempo frecce che indicavano luoghi frequentati e oggi in larga parte svuotati di significato, tranne quello di una pretesa perduta. Le multinazionali, i grandi alberghi, i ristoranti alla moda usavano commissionare ad artigiani esperti la pubblicità stradale, incastonata tra i masegni vicino a Piazza San Marco; tracce policrome di una città scomparsa, di abitudini dismesse, di marchi inghiottiti o transitati al meno duraturo Instragram.
Cinquanta, sessant’anni fa, la pubblicità doveva essere per sempre. I cartelloni si bagnavano, i giornali si buttavano. I mosaici, invece, erano incancellabili. Basta abbassare lo sguardo all’Ascensione per ritrovare la réclame dell’American Express, dell’agenzia di viaggi Sattis, ma anche della boutique Renata, che ai tempi dovette far furori al punto da incoronare la propria iniziale come una regina, tra tessere bianche e azzurre. Persino l’albergo diurno, dietro la sede delle Poste, un albergo senza notte, senza pretese, si autopromuoveva sulla pavimentazione offrendo un letto a ore ai commessi viaggiatori o a chi agognava per fatti personali la posizione orizzontale.
La segnaletica, mezzo secolo fa, possedeva una solennità quasi araldica. I colori, i fregi, i motivi ornamentali erano la rappresentazione scenica del blasone aziendale. L’Alitalia aveva l’insegna a pavimento proprio in Bocca di Piazza e la sede di fronte all’hotel Luna. Impossibile sbagliare. L’hotel Europa & Regina, oggi The St Regis Venice, in via XXII Marzo. Di fronte c’era la freccia per il ristorante Martini, in campo San Fantin, che, spenti i fuochi, abbassate sapientemente le luci, diventava Night club.
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